Thursday, 11 February 2010

Il mio arrivo e i progetti a Sao Gabriel do Cachoeira

Sono arrivato da 3 settimane, è decisamente ora di inaugurare il blog. Non so cosa ci metterò sopra, vorrei raccontarvi cosa faccio ma mi rendo conto che diventerebbe una cosa un po’ troppo noiosa così provo a scrivere di getto mescolando fatti e impressioni, vediamo cosa viene fuori.
Brevemente: sono arrivato a Manaus il 26 gennaio notte e il 2 febbraio sono partito per Sao Gabriel do Cachoeira, la città principale (nonché unica…) dell’Alto Rio Negro, il pezzo dello stato di Amazonas incastrato tra Colombia eVenezuela.

Una veloce digressione geografica: c’è una differenza tra Amazonas, che è uno degli stati che compongono il Brasile (come se fosse la California o il Connecticut, anche il Brasile è una repubblica federale come gli USA) e Amazonìa, che è invece l’area geografica ricoperta dalla foresta, che comprende, oltre a Amazonas, anche gli stati di Rondonia,Roraima,Amapà,Parà,Acre (dove ha vissuto Chico Mendes) e una parte di Mato Grosso,Maranhao e Tocantins. Questo per dire che quando parlo di Amazonas intendo lo stato, cioè una “piccola” parte della foresta (per dire quanto piccola, lo stato di Amazonas da solo sarebbe il 18° paese del mondo per superficie…)

Manaus è la capitale dello stato di Amazonas, una metropoli di circa 2,5 milioni di abitanti (tutta l’Amazonas ne ha 3 milioni…) di cui vi racconterò più avanti, quando ci tornerò; Sao Gabriel do Cachoeira (cachoeira significa “cascata”, in questo caso riferito alle rapide del Rio Negro che si trovano proprio di fronte alla città) è invece, come dicevo, l’unica città che esiste nell’enorme area dell’ Alto Rio Negro, ha circa 45.000 abitanti, 9 su 10 indigeni di varie etnie (c’è un grande mix, per me, da buon occidentale, sono tutti uguali, ma in realtà ci sono Arapaço, Baniwa, Barasana, Baré, Desana, Hupda, Karapanã, Kubeo, Kuripako, Makuna, Miriti-tapuya, Nadob, Pira-tapuya, Siriano, Tariano, Tukano, Tuyuka, Wanana, Werekena e Yanomami.).

Infatti qui, primo caso in Brasile, sono riconosciute come ufficiali 4 lingue:
il portoghese (che quasi nessuno parla), il Nheengatu, il Tukano e il Baniwa, quest’ultima la lingua più parlata, mentre il Nheengatu si insegna a scuola ed è una specie di “inglese” locale. Sono tutte lingue orali, codificate nella forma scritta da linguisti bianchi negli anni 60-70, ma in realtà ancora oggi non esiste lo scritto, a parte i libri di scuola.

Sao Gabriel, pur essendo cresciuta moltissimo negli ultimi anni (quando ci sono stato l’ultima volta nel 2000 era poco più di un grosso villaggio), sembra ancora molto una città dei film del Far West: c’è una strada principale in cui ci sono vari negozi, la posta, la banca, il mercato e un hotel e poi una serie di case di legno o lamiere sparse per tutti i dintorni, come se fossero piccole comunità separate. Completano il quadro la “cattedrale” con la casa del vescovo, il campo da calcio e le solite 50mile chiese evangeliche che ormai nascono come funghi in tutto il Brasile, le enormi caserme dell’esercito (per la sua posizione vicino alle frontiere la città è considerata punto strategico, quindi ci sono un sacco di militari che però vivono quasi isolati dentro le caserme) e il piccolo edificio dell’Università Federale. Sullo sfondo le montagne chiamate “Bela Adormecida” perché il profilo ricorda una donna sdraiata e dietro la città la “serra”, una piccola collina la cui scalata mi è costata sudore, litri di sangue ceduto alle zanzare e anni di vita, ma in cima il panorama merita. In uno dei “quartieri” della città, Miguel Quirino, c’è da alcuni anni il progetto Kunhantãi Uka Suri (in Nheengatu significa “casa della ragazza felice”), gestito dalle suore salesiane, dove attualmente vive e lavora Giustina. E’ un’esperienza molto interessante: su un enorme terreno della diocesi che era incolto è stata creata una comunità il cui spirito è quello della Casa Mamae Margarida a Manaus – creare un luogo accogliente e che possa dare delle opportunità di crescita alle adolescenti – ma il cui modello è stato pensato dentro la cultura locale: così invece che una casa sono state create diverse capanne sparse su questa area ed una grossa capanna centrale che serve da casa delle suore, accoglienza e alloggio per le ragazze che vivono qui (al momento sono circa 14, come a Manaus tutte con storie di violenza o abbandono alle spalle). Nelle altre capanne invece sono stati creati un laboratorio per la lavorazione della fibra di Tucum (il “tessuto” tradizionale con cui gli indigeni fabbricano amache,borse,vestiti ecc), un altro per la fabbricazione di cesti,vasi ecc e un forno per la preparazione della farina di mandioca, l’alimento tradizionale indigeno (nonché il menu di pranzo e cena insieme all’immancabile riso, insomma una variazione locale del solito riso&fagioli di Manaus). La farina viene prodotta per l’auto-consumo (ma si sta pensando di venderla), gli altri oggetti per la vendita tramite i canali del commercio equo-solidale e quelli del turismo a Manaus, dove sono molto richiesti. Chi lavora in questi “laboratori” non sono ovviamente le bambine, per motivi etici, ma donne che accedono qui con la formula dei micro-prestiti e a cui le suore forniscono in pratica il luogo e gli strumenti per lavorare ed i contatti per la vendita. Accanto a queste attività c’è la comunità vera e propria dove circa 200 bambine\adolescenti sono accolte ogni giorno per imparare le attività tradizionali, studiare, giocare e…mangiare.

Il mio lavoro qui consiste nel seguire per ora 2 progetti, uno delle suore, uno della diocesi: Giustina ha infatti ottenuto un finanziamento del Banco do Brasil per creare una “estaçao digital” (una specie di internet point), mentre la diocesi ha un grosso progetto per creare una comunità di recupero per alcolizzati (cioè tutti qui!) che possa lavorare soprattutto con le famiglie. Nel primo caso il progetto è già avviato, quindi io devo solo scrivere i report, contattare i fornitori a Manaus, capire come organizzare i trasporti, come far funzionare la cosa e un’altra serie di questioni molto pratiche, mentre per la diocesi devo proprio scrivere il progetto e vedere a chi chiedere i soldi per finanziarlo.

Quello dell’internet point potrebbe sembrare non esattamente una priorità in un posto del genere (così come non sembrava a me), ma in effetti il governo brasiliano ha informatizzato tutta la burocrazia, per cui non avere accesso a internet significa sostanzialmente non godere di alcuni diritti: la pensione, i certificati, le iscrizioni scolastiche ecc.; insomma rimanere cittadini di Serie B, cosa che gli indigeni già percepiscono abbastanza nella vita di tutti i giorni.

In più ho già partecipato alla prima riunione del “consiglio dei diritti sociali”, questo tavolo creato da Giustina che riunisce tutti coloro che in città si occupano di questioni sociali: in realtà la prima riunione è consistita nel pulire il locale che la prefettura ha messo a disposizione e poi purificarlo tramite dei rituali condotti da anziani Tukano (sostanzialmente danze e musica e un’affumicata generale alla stanza con un fuoco rituale su cui il leader della comunità ha vegliato per 3 giorni e 3 notti). Giustina ha mandato per l’occasione suor Elizabeth, un’ottantenne tedesca da 51 anni in Amazonas, ma che ha conservato la disciplina e lo spirito prussiano, oltre ad un accento portoghese\tedesco molto buffo, che ha messo in riga tutti gli uomini che dopo 2 minuti di orologio che pulivamo erano già seduti in un angolo con una birra.
Accanto al lavoro “ufficiale” c’è poi il tempo passato con le ragazzine qui alla casa, un’esperienza molto diversa da quella di Casa Mamae Margarida: qui le ragazze sono molto introverse (tratto tipico indigeno), ubbidienti, educate, schive, anche se molto affettuose (o meglio carenti di affetto), tutto il contrario di quella bolgia infernale che c’è a Casa MM.
Pensavo infatti a come le ragazze di là se le mangerebbero vive!

Questa è una (lunga) introduzione, prossimamente vorrei parlarvi un po’ della questione indigeni\alcool (che è realmente una piaga sociale), delle FARC colombiane, che a Sao Gabriel fanno lucrosi affari, di come cambia il mondo indigeno e di altre amenità...


6 comments:

  1. Presto Davide mi manderà delle foto: di Sao Gabriel, della casa dove abita, delle ragazzine che vivono lì, della cerimonia di purificazione della sala...che posterò e che anch'io non vedo l'ora di vedere! Adesso (ore 10.29 in Italia) lì dovrebbero essere le 4.30 di notte. Starà dormendo, immagino... a presto!

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  2. Un piccolo appunto "grafico": togli l'immagine da sotto il titolo, non si legge niente.
    Per il resto.. ti seguo! ;-)

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  3. @ Denis: eh..sapere come fare...giro la richiesta alla mia graphic designer...

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  4. la graphic designer (???) O_O ha schiarito l'immagine così si legge meglio il titolo, ma non c'è modo di affiancarle, sembra. se qualcuno lo trova sulle impostazioni di questo blog mi dica pure!! la formattazione della pagina con le foto etc non è proprio il massimo, ma si fa quel che si può. mi perfezionerò anch'io! :)

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  5. Sembra non ci sia modo di affiancarle (ma non sono sicuro visto che non me ne intendo), però potresti creare un'immagine che contenga il titolo tipo così http://www.freeimagehosting.net/uploads/255681e9c5.jpg

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  6. fantastico. cambiato. tutt'altro aspetto... grazie denis!

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