Sunday, 21 February 2010

Davide - Cobra 1-0

La prima domenica che ho passato a Sao Gabriel ho avuto il mio primo confronto serio con un serpente, fino ad ora li avevo sempre visti che si facevano i fatti loro oppure affrontati da qualcun altro, invece me lo sono trovato sul sentiero già incazzoso ancora prima che avessi fatto qualcosa. Per fortuna c’era una scopa a portata di mano che ha fatto il suo dovere. Era una cobra Cipò (c’è da dire che qui qualsiasi serpente è chiamato “cobra”), un tipo che di solito vive sugli alberi e caccia uccelli e altre creature che si arrampicano, probabilmente era incazzato perché era per terra; come ho sperimentato è per natura aggressivo, mortale e in più sputa il veleno se non riesce a mordere.
Non è il peggio che esiste qui: Cobra Papagaio e Jararaca gli fanno un baffo in quanto a pericolosità, senza parlare di quelli che non mordono ma soffocano tipo la Jiboia e la arcinota Anaconda, che può ingoiare un bambino di 12 anni. Anni fa ho visto proprio qui a Sao Gabriel una pelle di anaconda in una casa, occupava un’intera parete…
L’episodio mi dà lo spunto per parlare dell’idea che hanno gli indios della malattia: nessun male fisico viene dal nostro corpo, tutti sono originati da malefici che qualcuno fa contro di noi. Anche il serpente era lì perché qualcuno lo ha fatto andare. L’idea secondo me è molto bella, significa che la natura non è nostra nemica e che anche noi stessi non possiamo farci del male. Ho rivisto qui Rosy, l’infermiera di Vicenza, da anni in Amazonas, che anni fa aveva ammazzato di lavoro me e il Riki Gionta nei 5 giorni che avevamo passato da lei a Taracuà, il villaggio a 2 giorni di barca da Sao Gabriel, dove ha costruito e gestisce un piccolo ospedale, lavorando soprattutto con la medicina popular come vengono chiamati qui i rimedi che gli indios usano per curarsi, estratti da piante e animali o frutto di strani intrugli. Il personaggio è davvero particolare: un donnone di 60 anni e un metro e di 90 con una carica e una vitalità spaventose, come avevamo imparato a nostre spese. Sopravvissuta a 3 o 4 cadute nel fiume, nonostante non sappia nuotare, a varie fratture e infezioni, malarie e dengue assortite, il suo metodo di lavoro è conosciuto e copiato in tutto l’Alto Rio Negro ed a Taracuà da anni insegna a ragazze di tutta la zona (cioè giorni e giorni di barca) a curare con tutto ciò che è reperibile nella foresta. Lei mi diceva per esempio che è difficile che gli indios muoiano per un morso di serpente a meno che non siano già debilitati, o anziani o bambini: di solito per ogni morso esiste una cura. Per esempio il morso della Jararaca, considerato ultra-mortale, si può curare se entro brevissimo tempo prendi il serpente, lo apri e ne mangi il fegato. Ora, a parte trovare il fegato dentro un serpente,m i chiedo come diavolo si faccia a restare talmente lucidi da rincorrere il serpente che ti ha appena morso e catturarlo…mah… Le fratture invece si curano con dei bagni di acqua, un’ erba particolare, e ossa di una specie di scimmia. Ad ogni male poi è associata una cerimonia di purificazione e di cacciata del maleficio che lo ha provocato, una specie di aspirina o citrosodina…..quelle cose che vanno sempre bene. E’ curioso come a Manaus si trovino centomila bancarelle nei vari mercati che vendono ogni genere di queste erbe e misture per curare (quelle per fare sesso per ore e ore con nomi tipo “quebra-cama” - spacca letto - sono immancabili), spessissimo usate nei rituali di macumba e umbanda (ne parlerò), mentre qui che tutti le usano nessuno le vende.

1 comment: