Monday, 22 November 2010

Seca

Manaus e l'Amazonas stanno affrontando la maggior secca del secolo, la situazione dei fiumi (che qui sono la spina dorsale dell'economia, in una regione senza strade) è realmente impressionante, i diversi porti della città sono praticamente in secca , ma la situazione peggiore è nei municipi dell'interno, dove davvero la gente sopravvive solo grazie al fiume. Il governo sta mandando aiuti con l'esercito nei municipi più colpiti, per fortuna nell'ultima settimana ha cominciato a piovere un po' e pare che la situazione migliorerà a partire da dicembre.
Manaus è una città isolata nel mezzo della foresta, il suolo non è fertile (strano per essere nella maggior foresta del mondo) quindi non si coltiva nulla, tutto deve essere importato dal resto del Brasile, per la maggior parte via fiume, quindi questa secca ha come riflesso un aumento dei prodotti: la carne e la verdura per esempio sono aumentate tantissimo; il pesce (qui ovviamente consumatissimo) all'inizio si è abbassato perchè i pescatori ne trovavano molto nell'acqua bassa, ma ora è carissimo: Pacu e Jaraqui, le specie più consumate, hanno prezzi più che raddoppiati.

In questo contesto così drammatico, un risvolto positivo è stata la scoperta, in una zona di solito sommersa, di graffiti rupestri di un'epoca tra 3 e 7 mila anni fa. Questo suggerisce che in quella epoca il Rio fosse più basso, ma soprattutto dà un impulso alla ricostruzione della storia dell'Amazonas pre-colombiana, un'epoca che viene costantemente ignorata sia dai libri che dai ricercatori

Punti di vista

Leggo sul giornale in un'intervista con il deputato dell'Amazonas Bosco Saraiva in cui suggerisce alla nuova presidente Dilma Roussef quali sono le priorità per la città di Manaus: mobilità urbana (verissimo), mancanza di energia elettrica (verissimo), sicurezza pubblica (verissimo, soprattutto in questo ultimo periuodo, in cui si assiste a una vera ondata di assalti, una mia amica è stata rapinata due volte nello stesso giorno), ampliamento del porto ecc.
Ad un certo punto, parlando della necessità di risfaltare le principali strade del Distretto Industriale, dice testualmente: "in quanto l'inverno rigoroso si avvicina e distruggerà la vecchia pavimentazione delle strade"...INVERNO RIGOROSO???????????????????????????????????
Ieri mattina alle 08.00 quando sono uscito di casa c'erano 35 gradi.....punti di vista..

Tuesday, 16 November 2010

Dall'Italia, invece... (basta!)

Nessuno mi restituirà questi anni.

Nessuno mi renderà indietro gli ultimi anni, da quando, prossima alla laurea, ero eccitata all'idea di fare il mio lavoro, quello per cui ho studiato, investito tempo, energie, aspettative, in cui i miei hanno investito denaro, per il quale mi hanno appoggiato, sempre.

Invece dopo la laurea ho colto una bellissima opportunità di stage (due mesi a Firenze a spese mie. Grazie a Dio sono socievole e ho molti amici generosi e disponibili)

poi una bellissima opportunità di lavoro sottopagato ma di grande responsabilità! Il mio lavoro, finalmente, davvero quello che voglio fare nella vita.

Tre anni di vera gavetta (sottopagata) e non uno straccio di ammortizzatore sociale una volta perso il lavoro (perso per motivi politici, perso perché le direttive politiche di settore hanno operato tagli su tagli e io sono una delle vittime).

Poi un'altra straordinaria opportunità di tirocinio all'estero. Il mio voto di laurea e la mia esperienza mi sono valse una borsa di studio, l'università mi ha reso indietro qualcosa (l'unica cosa concreta, finora) ma devo ringraziare una mentalità non italiana se ho potuto approfittare a pieno di quell'esperienza (la borsa di studio non mi sarebbe bastata, ma fortunatamente lavoravo in un luogo e con delle persone che danno per scontato che se lavori, devi essere pagato per il tuo lavoro, anche se stai imparando, anche se il lavoro è bello...).

Poi, dannato il mio desiderio di tornare in Italia, di portare la mia esperienza nel mio Paese, dannata la mia fede nel futuro del mio lavoro in Italia, sono tornata, credendo di avere ancora un lavoro, credendo potesse essere un po' meno sottopagato di prima.

Mi sono ritrovata con una casa non in grado di mantenere, viste le prospettive, senza una lira, da un giorno all'altro e nello spazio-tempo di un viaggio in tram con dei curriculum in mano a fare il giro della città.

E dopo 10 anni fuori casa (certo grazie al sostegno, in gran parte, dei miei) mi sono ritrovata a dover avere la maturità di tornare a casa. A 28 anni la decisione matura è stata quella di tornare a casa: per smetterla di far finta di essere indipendente quando non lo ero, non riuscivo ad esserlo, per cercare la mia strada senza pesare troppo e come una ragazzina viziata, cercare il mio lavoro e prima raggiungere l'indipendenza economica, poi goderne le conseguenze.

Un anno e mezzo.

È da un anno e mezzo che ci provo.

E l'ultimo anno e mezzo è stato il peggiore e più faticoso storicamente (e personalmente) parlando di cui abbia memoria.

Certo, i miei nonni che hanno vissuto una guerra, che sanno cos'è la fame, sanno davvero cos'è la miseria, ne hanno viste di peggio.

Ma la generazione che oggi ha tra i 25 e i 35 anni, avrebbe diritto di credere in qualcosa, avrebbe diritto di costruirsi un futuro, avrebbe diritto a vivere dei frutti di quello che gli hanno insegnato (“studia per avere un futuro migliore”) e non dovrebbe essere nutrita per endovena di televisione, adsl, wireless, smartphone, connessione costante, contatti su contatti su contatti... non dovrebbe vivere indignandosi ogni giorno perché chi dovrebbe governarli, chi dovrebbe farsi carico della generazione che in poco tempo dovrebbe prendere le redini del Paese, si rende protagonista di scandali fini a se stessi, di una gravità inaudita e senza l'importanza che la parola “scandalo” poteva avere negli anni Settanta.

Nessuno mi restituirà degli anni persi a indignarmi!

Viviamo senza la prospettiva di una pensione, anzi, con la certezza che l'era della pensione è finita. Della pensione neanche dovremmo preoccuparci. Non dovrebbe importarci NULLA della pensione, di quello che sarà di noi quando avremo 80 anni. Il risultato comunque è lo stesso: alla pensione ci ho ormai rinunciato (ma i contributi continuo a pagarli, quando va bene).

Ho tutta la vita davanti, dovrei pensare a come posso rendermi utile alla collettività ORA.

E non parlo di volontariato: parlo del sacrosanto diritto (e dovere) di pensare a come le mie capacità, sublimate e raffinate da una formazione che mi dovrebbe essere garantita, possano essere utili al mio Paese e al mondo intero.

Il mio Paese per cui pago le tasse, perché credo che sia giusto pagare le tasse: quando vengo pagata, credo sia giusto che una parte del mio guadagno vada in un fondo che garantisce a me e ai miei concittadini di avere accesso a servizi fondamentali quali istruzione, tutela della salute, sicurezza, cultura, arte...

Probabilmente la maggiorparte della gente, dei miei concittadini in particolare (altrove non è così), non metterebbe arte e cultura nei diritti fondamentali.

Questo è gravissimo: non per me, che voglio (pretendo) che cultura e arte mi diano da mangiare, mi permettano di crearmi una famiglia, avere dei figli, poter rendere ai miei genitori tutto quello che mi hanno dato eccetera.

Per tutti: la cultura non è “qualcosa da ricchi”, non è uno sfizio, un priscio che si possono permettere i ricchi.

La cultura è esattamente l'opposto: nobilita l'uomo, lo rende più consapevole, lo fa uscire dall'ignoranza che è la sua rovina. La cultura serve ai poveri, non ai ricchi. Serve agli ignoranti, non ai colti. Quando ne hai un po', ne vuoi sempre di più.

Andare agli Uffizzi, al Colosseo, a sentir leggere la Divina Commedia, a vedere Il lago dei cigni o Pina Bausch, non serve ai ricchi, ai colti, alle élite, serve al popolo! Per questo vedere forse il meglio della danza contemporanea italiana nello studio di Vieni via con me sono il gesto più politico di tutta la trasmissione (e degli ultimi anni).

La danza contemporanea in televisione: la forma d'arte forse più difficile da capire nel medium più accessibile che esiste (perché per noi, oggi, la cosa più difficile da capire è che si può godere di qualcosa anche se non la si capisce subito, anche se no è spiattellata in tutta la sua facilità come un volgarissimo Grande Fratello).

In quell'occasione mi hanno stupito, e confortato, i commenti di coloro che non sono solitamente avvezzi a “queste cose”: commenti entusiastici, spettatori che volevano saperne di più di quella danza prorompente e bellissima. La dimostrazione che non è la gente che vuole merda. Sei tu che scegli di offrire merda, per colazione, pranzo, cena e dolce. E più offri merda, più la gente ingurgiterà merda, si abituerà alla merda, diventerà drogata di merda e non potrà più fare a meno di Uomini e Donne, non concepirà più programmi in cui non ci siano donnine svestite a dire cose inutili e fare stacchetti insignificanti.

Nessuno mi darà indietro gli anni che ho perso sperando di costruirmi un futuro, sperando di non ritrovarmi a 40 anni nella schiera delle “giovani promesse”, sperando di arrivare a 30 con una professionalità riconosciuta, non con un ruolo da dimostrare, costantemente.

Nessuno mi renderà indietro questi anni, anche se avrei chi denunciare, personalmente.

Ci sarebbe a chi dare la colpa.

C'è chi si è reso pubblicamente responsabile di “consigli” come “sposate un uomo ricco” o “siate carine”,

chi posso incolpare di aver perso un lavoro che mi piaceva e credevo potesse crescere,

chi potrei denunciare perché la mia laurea “magistrale” da 110 e lode non serve a un cazzo,

perché ha favorito il mantenimento di una mentalità clientelare e deprofessionalizzante in Italia (il nostro PIU' GRANDE problema) che crede che se si dà la possibilità a un giovane di lavorare (in Italia si è “giovani” fino a 35 anni) non sia indispensabile pagarlo, dato che gli si dà una straordinaria opportunità,

chi posso incolpare del fatto che i miei datori di lavoro non hanno soldi per pagarmi quanto mi è dovuto, e che quindi non me la posso prendere con nessuno e non posso pretendere niente di più di quello che mi viene dato, perché quando lo pretendo e la smetto di accettare lavori sottopagati o totalmente gratuiti ottengo solo la rinuncia a una straordinaria opportunità,

c'è chi posso odiare (e ho tutto il diritto di farlo) perché a 30 anni mi ritrovo ancora a casa dei miei, senza una lira da parte,

perché i miei non si possono permettere una vera vacanza perché hanno deciso di fare tre figli,

perché hanno permesso a tutti e tre di studiare,

perché credevano che sarebbe servito a dar loro un futuro di benessere,

perché io non so quando potrò averli, dei figli,

perché in Italia si è giovani fino a 35 anni, e quindi prima dei 40 ti comporti ancora come un adolescente (e quindi devi faticare anche a trovare chi i figli li vuole).

Nessuno mi renderà indietro questi anni, ma mi sono

STANCATA

30 anni non li ho ancora compiuti.

Voglio vedere, prima di quel momento (cioè SUBITO) e senza ricorrere a un attentato terroristico, perché mi è dovuto, questo Paese che cambia, la mia professionalità riconosciuta, la mia esperienza che conta, voglio vedere un lavoro, delle opportunità (vere opportunità, non uno “stage”), una famiglia.

Voglio vedere la flessibilità come valore e non come precarietà.

Voglio vedere una cazzo di alba, di speranza,

voglio vedere il futuro sui giornali e nei tg,

non gli scandali,

le minorenni,

gli eco-mostri,

gli accordi stato-mafia,

i diritti delle donne, dei gay, degli immigrati calpestati.

I diritti delle minoranze ma anche della maggioranza, i diritti di tutti, calpestati.

Voglio un Paese diverso, migliore, e voglio costruire il mio futuro, qui o altrove, ma lasciando un Paese diverso e migliore per trovare ancora di meglio, non perché qui non è possibile trovare niente.

Sono stanca. Mentre a trentanni non dovrei essere stanca. Di niente. Mai.

Spero che siano tutti stanchi, spero che reality-show e stacchetti inutili, decoder incorporati e vacanze pagate a rate non abbiano ancora rincoglionito completamente una popolazione che ha avuto quello che si merita ma che spero abbia imparato qualcosa...